Kangding Ray – Solens Arc


Titolo: Solens Arc
Autore: Kangding Ray
Etichetta: Raster-Noton
Anno: 2014
Durata: 00:50.07
Voto: 6/10

Abbandonate le atmosfere riflessive dei primi due lavori, Kangding Ray realizza un nuovo album orientato più verso le piste da ballo che verso un ascolto immersivo; preferendo una ritmica marcata e di radice techno – genere tutt’altro che estraneo al compositore di origine francese – a quelle sottili soluzioni timbriche e strutturali a cui molti erano abituati in seguito ai primi due album, Stabil (2006) e Automne Fold (2008).

In effetti questo Solens Arc sembra tracciare un ideale arco di collegamento con il precedente Or (2011), di cui recupera le sonorità cupe, la predilezione per l’elemento ritmico e una scrittura più dinamica. David Letellier, questo il vero nome di Kangding Ray, confeziona l’album in un’edizione per 2 Lp, con tre tracce per ciascuna delle quattro facciate.

L’idea di confezionare un lavoro più ballabile che orientato verso l’ascolto solitario non dice nulla ai fini del valore complessivo delle dodici tracce, ma allo stesso tempo va considerata anche quella certa noia che subentra durante l’ascolto in poltrona: complice non tanto la ripetitività ritmica – del resto strutturale – piuttosto quella sonora che spesso si riduce all’uso di deformazioni rumorose tutt’altro che nuove per gli ascoltatori di Kangding Ray; abrasioni sonore che spesso percorrono l’opera del compositore francese e qui sono ri-proposte con effetti meno coinvolgenti degli altri lavori.

Al di la di ogni considerazione sull’aspetto sonoro, che per quanto modellato su certi stilemi appare comunque abbondante in termini di numero, l’elemento che emerge con maggiore forza in Solens Arc è senza dubbio quello ritmico, capace di imporsi con una certa energia sia nelle tracce più spiccatamente techno (Blank Empire e Amber Decay su tutte) che in quelle dal carattere più raccolto come History of Obscurity.

Dopo aver completato un primo ascolto di Solens Arc, ciò che colpisce è anche il tono complessivo dell’album, fatto di accenti aggressivi inseriti in contesti piuttosto lugubri che a volte ripropongono certi stilemi delle colonne sonore di film horror (Crystal). Complessivamente ne viene fuori un lavoro organico, forse anche troppo se si considera l’eccessiva uniformità ritmica e sonora. Del resto non sembra un caso che nessuna delle dodici tracce riesce a staccarsi per una maggiore incisività rispetto alle altre.

Da un punto di vista generale Solens Arc non è un brutto album, ma nemmeno un lavoro da dover per forza ricordare; e di certo si tratta di un album che non rende giustizia alle potenzialità che il compositore francese ha mostrato di avere con i primi lavori, realizzati attraverso una scrittura più articolata, originale ed interessante. Solens Arc è un album in cui la composizione musicale si esprime in maniera dignitosa, ma paga il prezzo di un’eccessiva ripetitività, non solo interna, a cui ho già accennato, ma anche esterna, nel senso del suo ritornare a riproporre scelte compositive e timbriche già tentate in Or e nei diversi Ep e remix pubblicati negli anni precedenti.

Ecco allora che le tracce più interessanti di quest’album, conseguentemente, risultano essere quelle capaci di equilibrarsi tra la coerenza verso il progetto globale di Solens Arc e l’espressione di una personalità differente, distinguibile: History of Obscurity e Son sono i brani che meglio riescono in questo delicato equilibrio. L’adozione di tempi lenti, una maggiore variazione del materiale sonoro e la sostituzione delle tradizionali pulsazioni techno con una scrittura ritmica vagamente più articolata sono caratteristiche che rendono queste due tracce più interessanti di tutte le altre. Evento, invece, è tra quelle tracce – di derivazione techno – che mostra qualche elemento di maggiore interesse rispetto alle restanti.


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