Titolo: Experimental Music: Composition with an Electronic Computer
Autori: Lejaren Hiller, Leonard Isaacson
Editore: McGraw-Hill
Anno: 1959
Pagine: 214
Nel 1956 Lejaren Hiller, un compositore nato chimico, ipotizzò che un computer, opportunamente programmato, si potesse impiegare come strumento di supporto per la composizione musicale.
Da questa ipotesi ne nacque un esperimento, condotto in collaborazione con il matematico Leonard Isaacson, il cui risultato fu il quartetto d’archi Illiac Suite.
A tre anni di distanza, dopo aver definitivamente optato per la carriera musicale, Lejaren Hiller, con questo libro, svolge un resoconto di quell’attività, attraverso un percorso che racconta i molteplici aspetti che hanno caratterizzato la realizzazione di questo esperimento.
Un percorso che parte dai modelli culturali e teorici di riferimento, la Teoria dell’Informazione in primis, per soffermarsi sulle questioni tecniche, e tecnologiche, prima di addentrarsi nei quattro esperimenti che restituiranno il materiale musicale costitutivo dei quattro movimenti della composizione finale.
Hiller racconta la metodologia, svolta attraverso un’accurata procedura di selezione e validazione di elementi musicali, si sofferma sulle varianti apportate a ciascun esperimento, racconta delle analisi svolte sui repertori musicali di riferimento (fece riferimento anche al trattato Gradus ad Parnassum di Joseph Fux), si addentra su questioni informatiche specifiche, analizza l’algoritmo di Monte Carlo, valuta le altre possibili applicazioni dell’informatica in ambito musicale, svolge un resoconto delle attività simili realizzate negli anni Cinquanta (in altri centri, in altre nazioni) e, infine, ci lascia la partitura dell’opera finita.
Il livello di dettaglio raggiunto da Hiller è notevole, in un libro sul quale il peso della sua formazione scientifica non è indifferente; una formazione che lo spinge a trattare un atto creativo, compositivo, al pari di qualsiasi altro esperimento di laboratorio.
A memoria non ricordo di un testo in cui l’accento sull’aspetto sperimentale sia così più marcato di quello posto sulla musica. E ritengo che questo dia al libro di Hiller e Isaacson quel fascino che appartiene proprio a tutte quelle attività pionieristiche, sperimentali, a volte improbabili, che si collocano per lo più in un tempo sempre lontano.
Un libro essenziale, quindi, per ripercorrere gli inizi di un percorso oggi non più sperimentale ma quanto mai attuale, come quello che della computer music.
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