Il Music III è un software per la sintesi dei suoni. Ha segnato un primo punto di svolta nella storia della computer music con l’introduzione delle Unità Generatrici.
Le premesse – Le novità introdotte con il Music III non furono molte in termini quantitativi ma furono così sostanziali che probabilmente non ha senso parlare di nuova versione ma piuttosto di un software del tutto nuovo, pur essendoci ancora la gran parte delle peculiarità che caratterizzano i Music N. Ciò che aiuta Mathews nella definizione del nuovo programma non è solo la volontà di realizzare uno strumento informatico flessibile e dalle buone prestazioni, adatto per un uso professionale da parte dei compositori. Anche le novità tecnologiche di quegli anni, come l’immissione di CPU a tecnologia transistore e la disponibilità del nuovo computer IBM 7090, fornirono le giuste condizioni per la nascita di software più complessi. Il nuovo software fu terminato nel 1960. Nel 1961 alcune riflessioni di Mathews sullo stato di cose della computer music e le possibili prospettive future trovano spazio in un articolo che, in risposta alle problematiche individuate, illustra anche le caratteristiche del nuovo programma per la sintesi digitale.[1]
Le Unità Generatrici – La vera novità del Music III, punto di svolta per i successivi sviluppi della computer music, fu l’introduzione del concetto di unit generator (UG – unità generatrice). Sul piano informatico le UG sono delle macro, sorta di piccoli software, completi di istruzioni, che svolgono funzioni ben precise e vengono richiamate attraverso semplici comandi, in maniera molto rapida. Attraverso la connessione di queste UG era possibile costruire strumenti digitali capaci di svolgere diverse tipologie di lavoro. Per via di questo principio di connessione delle diverse UG, quest’ultime possono essere considerate come il corrispettivo digitale dei moduli di un sintetizzatore analogico. Lo stesso Max Mathews sosteneva che la comprensione del funzionamento di questi ultimi poteva essere utile, a fini didattici, a comprendere il funzionamento dei corrispettivi digitali introdotti con il Music III.[2] Il collegamento tra le diverse UG è reso possibile dalla loro caratteristica di poter accogliere dati in ingresso al fine di ottenere un output, a sua volta utilizzabile come input per altre UG, oppure inviato direttamente all’uscita per la conversione in segnale analogico. Oggi, in Csound, le UG sono chiamate OPCODE (OPeration CODE), cosa che ha, non di rado, generato una certa confusione terminologica. L’introduzione delle UG, quindi, diede un notevole contributo a rendere il computer del tutto simile ad uno strumento musicale, dotato di una buona flessibilità e capace di consentire un lavoro sul suono ad un livello di dettaglio fino ad allora impensabile anche per gli strumenti analogici. In questo modo, inoltre, le UG restituivano un software dotato di un discreto livello di generalizzazione.
I limiti – È pur vero, comunque, sebbene l’importanza delle UG fosse evidente da subito, che la loro capacità di migliorare l’uso musicale del computer si apprezzò soprattutto con i software successivi al Music III. In effetti al di là delle unità generatrici il Music III non poteva dirsi ancora uno strumento completo, ne era consapevole lo stesso Mathews che continuò a sviluppare la propria ricerca per arrivare alla realizzazione del Music IV. Ancora oggi i software professionali per la musica, pensiamo a Max/Msp come esempio, fanno uso di quel concetto di UG introdotto da Mathews agli inizi degli anni Sessanta. Per quanto riguarda il Music III, invece, l’importanza assunta in quegli anni è testimoniata anche dall’arrivo ai laboratori Bell di figure quali James Tenney o Jean-Claude Risset, che avrebbero contribuito ad allargare gli orizzonti e le possibilità della computer music anche in senso estetico.
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