AA. VV. – Cybernetic Serendipity Music

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Titolo: Cybernetic Serendipity Music
Autori: Vari
Produzione: ICA
Anno: 1968
Tracce: 10
Durata: 0:52.06

Cybernetic Serendipity è considerato un vero e proprio evento cult tra coloro interessati all’uso della tecnologia in ambito artistico. Si tratta di una mostra sull’arte cibernetica organizzata a Londra nel 1968 dalla curatrice polacca Jasia Reichardt. Forse la prima mostra dedicata alle applicazioni artistiche delle più moderne tecnologie informatiche.

Per celebrare l’intero evento e, contemporaneamente, per offrire al pubblico un esempio concreto di quanto stava accadendo in ambito musicale, fu prodotto questo LP che raccogliere estratti o intere composizioni di musica sperimentale composta con il computer, e non solo.

Sì, perché questa raccolta riunisce anche estratti di opere composte con strumenti tradizionali, o quasi, ma comunque non realizzate attraverso un computer. Chiarire il motivo della loro presenza in una raccolta che celebra un evento sulla cibernetica è senza dubbio il primo passo da compiere. Il motivo di questa scelta editoriale si reggeva sulla volontà di evitare alla computer music qualsiasi processo di storicizzazione, enfatizzando semmai l’idea che una piena comprensione di quest’ambito della musica contemporanea obbligava ad incrociare esperienze fra di loro differenti, che dalla musica informatica avevano attinto o di cui essa stessa si era nutrita.

Ecco allora spiegata la presenza di due celebri estratti da opere non composte con il computer: il primo estratto è ricavato da Cartridge Music (1960) di John Cage, l’altro da Strategie (1962) di Iannis Xenakis. Entrambi questi lavori, ciascuno a suo modo, si basano su delle procedure tutt’altro che estranee per la tecnologia informatica: ad esempio la teoria dei giochi adoperata da Xenakis per Strategie o le procedure casuali adottate da John Cage.

Entrambe queste esperienze si riassumono, per certi versi, nel brano che introduce l’intera raccolta, nonchè una delle opere di computer music più note da un punto di vista storico: la Illiac Suite (1956) di Lejaren Hiller, il quale attraverso l’imposizione di procedure randomiche e l’applicazione di modelli extra musicali realizza la partitura di quest’opera eseguita con strumenti tradizionali. Nella raccolta viene presentato soltanto il quarto esperimento, corrispondente al quarto movimento, ma nella sezione argomenti ho già scritto un’articolo su questa composizione, dove potete ascoltare l’intera opera, caricata sul canale You Tube di musicainformatica.

Così come lo fu Lejaren Hiller, pioniere, per altri versi, è stato anche Wilhelm Fucks, qui presente con un esperimento intitolato Experiment Quatro Due (1963) anch’esso realizzato al computer ma eseguito ad un pianoforte tradizionale. Eppure dicevamo pioniere. In effetti il musicologo tedesco è stato tra i primi ad interessarsi al computer come strumento di supporto per l’analisi musicale, con alcuni studi sugli intervalli realizzati negli anni Sessanta. All’esperimento di Fucks segue Mudgett, Monologues For a Mass Murderer (1965) di James Randall, di cui ho già scritto qui.

Come il brano di Randall, anche il successivo di Gerald Strang ci riporta sulla sintesi digitale dei suoni, differentemente ai lavori di Hiller e Fucks che rappresentano due esempi di composizione assistita. Allievo di Charles Koechlin ed Arnold Schönberg, Gerald Strang fu tra i primi compositori ad interessarsi di computer music ed a partecipare ad una delle prima conferenze organizzate per illustrare i risultati raggiunti in quell’ambito; un’esperienza da cui fu ottenuta una pubblicazione già recensita qui. In questa raccolta Strang è presente con Composition 3 (1966) un brano che in soli 2 minuti illustra un campionario abbastanza corposo di soluzioni sonore digitali.

Molto interessanti sono le due tracce successive, non tanto per il valore delle composizioni ma piuttosto per i nomi di coloro che le hanno composte. Il primo brano, in ordine di successione, è un estratto intitolato Bit Music (1967/68), interamente sintetizzato al computer dal giapponese Haruki Tsuchiya. Questi è probabilmente un personaggio del tutto sconosciuto in ambito musicale, visto che si tratta di un ingegnere di sistemi e programmatore, il quale è stato attivo in particolare nella computer art, contribuendo alla fondazione del Computer Technique Group, un collettivo attivo dalla fine degli anni Sessanta, che riuniva artisti e tecnici. Nelle sue opere di arte grafica realizzata al computer Tsuchiya utilizzava procedure randomiche in maniera simile a quanto si faceva in musica.

Tsuchiya è stato anche un personaggio capace di esprimersi sulle potenzialità del computer in ambito artistico con una lucidità ancora oggi impensabile per certi artisti contemporanei. Tsuchiya ha evidenziato come le critiche più dure all’uso del mezzo informatico in ambito artistico arrivassero, paradossalmente, da coloro senza alcuna dimestichezza con la tecnologia digitale. Inoltre riteneva che l’esplorazione delle potenzialità del computer non doveva essere un’attività dei tecnici o degli ingegneri, ma che bisognava lasciare questo compito agli artisti, oppure a quello persone capaci di far valere entrambe le competenze.

Artists who were not computer professionals were extremely suspicious of computer art. Haruki Tsuchiya

Il brano che segue quello di Tsuchiya è Enneadic Selections di Thomas Hay O’Beirne, altro personaggio tanto interessante quanto sconosciuto ai più. O’Beirne è un matematico scozzese che durante gli anni Sessanta ha iniziato ad interessarsi ad applicazioni informatiche di tipo non scientifico, come la musica per l’appunto. Nel 1965, in occasione di un incontro pubblico, O’Beirne ebbe modo di presentarsi con un intervento incentrato su musica, numeri e computer. Negli anni successivi ha condotto ulteriori esperimenti di musica informatica con un computer Solidac, arrivando a sviluppare un software denominato Orpheus, con cui con molta probabilità è stato realizzato anche questo Enneadic Selections (1968). Si tratta di un brano caratterizzato da una resa timbrica che non nasconde la sua datazione ma in cui O’Beirne ha tentato una curiosa riproduzione sintetica di suoni di cornamusa, come è possibile ascoltare da 3:32, forse un omaggio alla sua terra natia.

Chiudono la raccolta due personaggi che hanno dedicato una larga parte della loro carriera alla sperimentazione informatica in ambito musicale. Il primo di questi è Peter Zinovieff, che in Inghilterra è stato tra i primi ad acquistare un computer per il suo studio privato. Il suo nome si lega a quegli Electronic Music Studios che realizzarono il Synthi 100 e il Computer Synthi, integrando così il mezzo informatico negli studio di musica elettronica analogici. January Tension (1968) è un brano in cui il computer PDP-8 è stato utilizzato sia per la composizione che l’esecuzione.

L’ultimo brano in raccolta è Infraudibles (1968) di Herbert Brün. Si tratta di un’opera realizzata con le macchine dell’Università dell’Illinois; nello specifico i suoni furono realizzati con un computer Illiac II, mentre la partitura con un IBM 7094 e un programma sviluppato in Fortran. Di quest’opera esistono due versioni realizzate nel medesimo anno: la prima è per solo nastro magnetico a due canali. La seconda versione, corrispondente a quella contenuta in questa raccolta, è per nastro a due canali e clavicembalo, contrabbasso, chitarra elettrica, corno francese e sax.

Cybernetic Serendipity Music non è soltanto una raccolta di musica elettronica, ma un vero e proprio documento storico che illustra alcune tendenze della musica contemporanea sul finire degli anni Sessanta ed offre un’interessante carrellata su alcuni personaggi che hanno contribuito, ciascuno in maniera diversa, alla sperimentazione musicale attraverso il computer.

Per chi volesse scaricare l’album in formato mp3, questo è il link.


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