Titolo: The Music Machine: Selected Readings From Computer Music Journal
A cura di: Curtis Roads
Editore: The MIT Press
Anno: 1989
Pagine: 726
Io credo che questo libro di oltre 700 pagine sia un ottimo punto di partenza per chi ha un interesse non molto chiaro su un qualunque aspetto relativo alla storia della musica informatica. Non si tratta di un libro monografico, nè di un libro di contenuto inedito. The Music Machine è una raccolta degli articoli più interessanti pubblicati sul Computer Music Journal dal 1977 fino alla metà degli anni Ottanta, come del resto è intuibile leggendo il sottotitolo.
La cura del volume è affidata a Curtis Roads, personaggio piuttosto navigato nell’ambito della computer music. Il suo merito è quello di aver confezionato una pubblicazione ben strutturata, articolata in sezioni molto precise che suddividono l’ampio argomento della computer music:
– Interviste
– Composizioni
– Interfacce Midi
– Software musicali
– Tecniche di sintesi ed elaborazione del segnale
– Hardware dedicati al DSP
– Musica e Intelligenza Artificiale
Sette sezioni attraverso cui indagare numerosi ed interessanti aspetti che hanno interessato i primi anni di applicazioni informatiche nell’ambito della musica. E devo dire che il grande sforzo di Curtis Roads è stato quello di effettuare una selezione essenziale tra i numerosi articoli pubblicati sul CMJ lungo tutto l’arco temporale, pur mantenendo sempre elevato il livello di importanza delle selezioni effettuate.
Si può senza dubbio sostenere che in questo libro c’è tutto il minimo da sapere a riguardo dei primi trent’anni di musica informatica. Curtis Roads apre la lettura con la sezione Interviste ed una scelta più che appropriata: una preziosa ed esauriente intervista a Max Mathews. E chi altri se non il padre della computer music? Inutile dire che questi ripercorre gli anni sperimentali dei laboratori Bell, e lo sviluppo dei primi software Music N e del Groove.
Non vorrei entrare troppo nel merito di ogni singolo articolo, anche per non annoiare il lettore, ma vorrei almeno indicare qualche titolo che ritengo il più interessante da un punto di vista musicale. Sì, perchè il problema che interessa anche questo libro, come del resto gran parte della letteratura sulla computer music, è quello di essere spesso troppo orientata in senso tecnico e tecnologico, dedicando poco spazio a questioni puramente musicale. Un fatto tutt’altro che strano, anzi ritengo più che normale. Tuttavia questo provoca la necessità di una più accurata selezione di ciò che si va a leggere se si è interessati più al fatto musicale che a quello tecnologico.
Allora nella sezione Interviste consiglio sicuramente quelle realizzate con i compositori Clarence Barlow, Paul Lansky, e David Rosenboom.
La sezione Composition la consiglio tutta, perchè molto interessante su più fronti: quello storico, ma anche analitico, in particolare con gli articoli dedicati a Mortuos Plango, Vivos Voco di Jonathan Harvey e la bellissima Dreamsong di Michael McNabb.
Le altre sezioni sono orientate più in senso tecnologico, ma di certo è molto interessante quella dedicata ai software musicali, perchè offrono comunque uno sguardo molto interessante sui percorsi storici di questa disciplina. Di certo ci sarà molto da scoprire anche leggendo gli articoli di questa parte.
Nella sezione Synthesis and Signal Processing consiglio la lettura di A Tutorial on Digital Sound Synthesis di Giovanni De Poli, poi i due articoli sulla sintesi di corde pizzicate, quello storico di Karplus e Strong, Synthesis of Plucked String and Drum Timbres, e la versione estesa Extensions of the Karplus-Strong Plucked-String Algorithm di David Jeffe e Jiulius Smith. Di quest’ultimo segnalo anche Fundamentals of Digital Filter Theory.
Infine vorrei ricordare la sezione Signal Processing Hardware, dove si discute di alcuni interessanti storicizzati sistemi per l’audio digitale come quello della Lucasfilm, e dove trovate un articolo molto interessante di James Moorer che presenta tre sintetizzatori: il 4C dell’Ircam, il Systems Concepts Digital Synthesizer e il Polycephalos dell’Università di Stanford.
Credo che apprezzerete questa pratica anteprima che vi propongo qui sotto. Buona lettura!
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