Titolo: Electronic and Computer Music
Autore: Peter Manning
Editore: Oxford University Press
Anno: 2013 (Prima edizione: 1985)
Pagine: 544
Peter Manning è autore di un testo diventato già dalla prima edizione un punto di riferimento per coloro interessati alla musica elettronica, dedicando ampio spazio anche al più specifico settore della computer music.
Credo che la principale difficoltà che possa trovare colui che decide di scrivere un libro sulla musica elettronica, in particolare se orientato in senso storico, sia quello di individuare una classificazione degli argomenti che consenta al lettore di farsi un’idea generale dell’argomento trattato ma anche di poter approfondire certi aspetti particolari e particolarmente specifici.
Mi rendo conto che possa sembrare una considerazione banale e di poco conto, tuttavia chiunque abbia un minimo di confidenza con i manuali di storia della musica si sarà accorto come questa problematica sia in un certo modo caratteristica della musica realizzata con mezzi elettronici. Una storia della musica classica, dove classica si riferisce alla storia in questo caso, ci ha abituato ad una ovvia classificazione degli argomenti in ordine cronologico, evidenziando poi i principali autori di riferimento e soffermandosi, con particolare attenzione, sui nomi di coloro considerati, giustamente, gli immortali della storia musicale.
Se si passa in rassegna qualche manuale di riferimento per la musica elettronica, ci si rende conto come non siano cambiati solo gli strumenti utilizzati ma anche il modo di affrontare l’argomento. Elliott Schwartz ad esempio, nel suo libro Electronic Music: A Listener’s Guide del 1973, suddivide l’argomento generale innanzitutto in tre grandi categorie, poste in ordine cronologico, poi divide ciascuna di esse in altre sotto categorie individuate sulla base dello strumento adoperato (poteva essere il nastro magnetico ma anche il computer), oppure del genere di musica (pop, rock, sperimentale) o anche in base allo studio dove il compositore ha lavorato.
David Ernst, autore di un altro grande classico quale The Evolution of Electronic Music del 1977, fa ruotare tutto intorno alla questione esecutiva e compositiva. In effetti parte con una prima suddivisione generale che tiene conto dell’organico (musica per solo nastro, per esecutori e nastro, elettronica dal vivo, e così via) poi, se previsti altri esecutori, divide queste categorie generali in base al fatto se sia presente, oltre il mezzo elettronico, la voce oppure altri strumenti tradizionali. Oppure distingue se siano stati utilizzati solo suoni sintetici puri o anche concreti.
Simile è anche la suddivisione adottata dai curatori Jon Appleton e Ronald Perera per il libro The Development and Practice of Electronic Music. In questo caso hanno optato per una divisione dell’argomento molto netta, che facesse riferimento esclusivamente alla tipologia di strumento elettronico adoperato. Ecco allora che una sezione è dedicata alle composizioni per solo nastro, un’altra ad opere realizzate con i sintetizzatori analogici e, ovviamente, una sezione è dedicata ai lavori composti con il computer; senza che in alcun caso vi sia un’ulteriore sotto classe.
La capacità del libro di Peter Manning di riuscire a mediare tra queste differenti posizioni, senza rischiare di generare confusione, io credo che sia, insieme all’attendibilità delle sue ricostruzioni e l’estrema chiarezza espositiva, uno dei motivi che hanno fatto di questo libro un testo di riferimento per la musica elettronica.
Del resto la pubblicazione, in questi mesi del 2013, della quarta edizione, mi pare che testimonia ulteriormente l’importanza di questo volume, rispetto al quale in Italia soffriamo l’assenza di una traduzione nella nostra lingua.
Inutile dire che, confrontando le differenze tra le quattro edizioni, dalla prima edizione del 1985 a quella del 2013 l’argomento che è stato interessato dai cambiamenti più evidenti e corposi è stato proprio quello della computer music. Se nella prima edizione la musica informatica trovava spazio in un unico capitolo di poco meno cinquanta pagine, oggi ne sono necessarie oltre trecento per poter affrontare con giusta profondità le tante questioni che ruotano intorno a quest’ambito particolare della musica.
Ecco allora che l’argomento generale della computer music è declinato in cinque capitoli che spaziano dalle origini della computer music fino a quello che ancora oggi, proprio in questo momento, sta ancora accadendo intorno a noi.
Se con l’edizione del 1985 Peter Manning si era limitato alla ricostruzione dei fatti salienti e dei nomi principali oltre che all’analisi delle principali, ormai storiche, composizioni di musica informatica, nella nuova edizione l’autore si addentra anche in questioni più tecniche quali le caratteristiche dell’audio digitale, ed esempio, o il funzionamento del protocollo MIDI; cioè quelli che oggi dovrebbero essere gli argomenti basilari non solo per la formazione di un buon compositore di musica elettronica ma di un compositore tout court.
Insomma, Electronic and Computer Music dovrebbe essere un libro presente in ogni biblioteca musicale che si rispetti. E lo sanno benne i naviganti, visto che in rete il libro di Peter Manning è ricercatissimo e per questo mi capita spesso di imbattermi in copie digitali di varia provenienza.
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